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Sifa, in arrivo una mazzata per le casse pubbliche, Berti: “Strumento del project continua a tornare a galla, a pagare sono sempre i veneti”

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Arriva un’altra mazzata per le casse pubbliche e ancora una volta sono i project del governo veneto a far finire nelle tasche dei privati i soldi dei veneti.

In caso di fallimento delle trattative in corso sulla Sifa, la compartecipata che si occupa del depuratore di Fusina, il concessionario potrebbe infatti pretendere dalla Regione 136 milioni di euro per le opere realizzate, 51 milioni di euro per la cessazione del lucro, altri 18 per il contributo del conto gestione della “linea acque” per il triennio sino al 2015 e penali varie che porterebbero il conto a una cifra astronomica.

“Ci risiamo – tuona il capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio regionale, Jacopo Berti – è la stessa storia della Pedemontana e dell’Ospedale di Mestre. I project vanno in malora e il pubblico deve coprire i buchi dei privati. Lo strumento del project, che noi combattiamo da sempre e che vogliamo eliminare dalla consuetudine politica di questa regione, continua a tornare a galla portando denaro nelle tasche dei soliti noti”.

In Sifa, nella fattispecie, il 47 per cento è del gruppo Mantovani, il 30 per cento di Veritas e l’8,6 per cento di Veneto Acque Spa, ovvero la Regione. E non è tutto: la parte più spaventosa dell’intera vicenda è racchiusa nell’articolo 19 della concessione.

“L’accordo di compartecipazione fra pubblico e privato per la gestione dell’impianto di Fusina sembra essere stato scritto apposta per favorire il privato – è la durissima accusa di Berti – l’articolo 19 della concessione prevede che la Regione garantisca il differenziale fra gli incassi e le previsioni dei volumi di attività necessari a garantire il rispetto del piano economico finanziario. Ovvero se le cose vanno bene ci guadagna il privato, se vanno male – come è capitato anche alla Sifa – ci rimette il pubblico. La Regione dovrebbe pagare solo la propria parte, invece siamo sempre qui che tiriamo fuori una vagonata di soldi a causa degli errori del passato”.

“I nomi sono sempre quelli, torniamo ancora una volta a parlare di Mantovani dopo il Mose – continua Berti – torniamo a parlare di decine, forse centinaia di milioni di soldi dei veneti che andranno buttati via per coprire gli errori della Regione. Questo non è più accettabile. E non possiamo più tollerare che tutto questo fiume di fango, a partire dalla Pedemontana e dalle banche popolari, ancora una volta sia passato sotto il naso di Zaia senza che lui se ne sia accorto”.

Erika Baldin, consigliera regionale della provincia di Venezia, dichiara quindi: “È da anni che seguiamo Porto Marghera e gli scandali sembrano non finire mai. Questa è la prova che c’è una volontà politica di continuare in questo senso, sperperando soldi pubblici per opere fatte male. Dare una cambiale in bianco a una società senza agganciarla a interventi concreti come i marginamenti non sta in piedi”.

 

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Interrogazione scritta riguardante le infrastrutture di ricarica elettrica per i veicoli: un ritardo da colmare al più presto

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presentata il 15/11/2016 dalla Consigliera Baldin

 

Premesso che:

–           La legge 7 agosto 2012, n. 134 (Capo IV art. 17 septies), che emenda il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prescrive e dispone, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale livelli minimi uniformi di accessibilità al servizio di ricarica dei veicoli, che entro il 1° giugno 2014 (comma 1-ter) i Comuni adeguino i loro regolamenti edilizi:

“… prevedendo, con decorrenza dalla medesima data, che ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio sia obbligatoriamente prevista, per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale con superficie utile superiore a 500 mq e per i relativi interventi di ristrutturazione edilizia, l’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli idonee a permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box auto, siano essi pertinenziali o meno, in conformità alle disposizioni edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso.”;

–      La misura viene quantificata al 5% dei posti disponibili per le aree commerciali nel PNIRE (Piano Nazionale Infrastrutture Ricarica Elettrica):

Si evidenzia inoltre l’importanza di dotare la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), Centri Commerciali e Cinema di infrastrutture di ricarica al fine di permette di rispettare le tempistiche e lo stile di vita degli utenti senza stravolgere le abitudini del conducente medio. […] Per tutte le autorimesse, parcheggi privati e parcheggi pubblici in generale si auspica la predisposizione di un numero adeguato (e coerente con la dimensione del parcheggio), di stalli da allestire con sistemi di ricarica. In caso di nuova costruzione tale predisposizione dovrà essere indicata in sede di progetto e garantire un                                                                                                                                                                      a percentuale dei posti dedicati ai veicoli elettrici pari almeno al 5% del numero complessivo dei posti messi a disposizione. L’infrastrutturazione delle aree urbane e metropolitane deve prevedere un congruo rapporto tra le infrastrutture residenziali e quelle accessibili al pubblico.”;

– La norma in questione, allo stesso articolo 17 septies, prevede anche la soluzione ai titoli abilitativi difformi con il comma 1-quater:

“Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1-ter del presente articolo, le regioni applicano, in relazione ai titoli abilitativi edilizi difformi da quanto ivi previsto, i poteri inibitori e di annullamento stabiliti nelle rispettive leggi regionali o, in difetto di queste ultime, provvedono ai sensi dell’articolo 39 (legge 380/2001).”, che prescrive l’annullamento del permesso a costruire con tutte le conseguenze del caso (fino alla demolizione).

 

Considerato che:

– i percorsi di mobilità sostenibile non dovrebbero peraltro essere di interesse secondario per la Regione Veneto, stanti i livelli ormai fuori scala che ha raggiunto l’inquinamento da polveri sottili ed altri inquinanti, elemento che peraltro è alla base di una multa da un miliardo di euro comminata dalla Comunità Europea per il mancato rispetto dei livelli stabiliti;

– non è solo la legge che ce lo chiede. Le infrastrutture di ricarica elettrica per i veicoli risultano sempre più rilevanti per la nuova mobilità sostenibile, e stanno divenendo elementi discriminanti per quanto riguarda le località a vocazione turistica, che già da alcuni anni devono essere in grado di accogliere i nuovi turisti che si spostano con le auto elettriche e che quindi legano la possibilità di intraprendere un viaggio alla possibilità di trovare una ricarica nel territorio visitato. I comuni interessati, in ordine di presenze turistiche, sono: Venezia, Cavallino-Treporti, S. Michele al Tagliamento, Jesolo, Caorle, Lazise, Peschiera del Garda, Bardolino, Abano Terme, Verona, Padova, Chioggia, Rosolina, Cortina d’Ampezzo;

– dopo oltre due anni dal termine imposto (1 giugno 2014) tutti i comuni avrebbero dovuto modificare il proprio Regolamento Edilizio. In realtà, così non è. Da alcune prime rilevazioni a campione sembra che solo un’assoluta minoranza dei comuni abbia provveduto alla modifica prescritta. Ad esempio, in provincia di Venezia su 44 comuni ad oggi solo una parte di essi hanno provveduto ad adeguare il Regolamento edilizio. Citiamo, tra questi: Gruaro, Jesolo, Campagna Lupia, Portogruaro, Venezia, Mirano, Spinea (gli ultimi quattro in forma generica senza indicazione di parametri minimi);

– la mancanza di aggiornamento dei regolamenti e di controllo da parte dei comuni si riflette sull’inadempienza dei grandi operatori della GdO e di corrispondenti volumi di infrastrutture che avrebbero dovuto essere realizzate. Ancora più grave considerando che il Veneto ha una elevata densità di centri commerciali di grandi dimensioni e che queste organizzazioni spesso hanno interesse a rendere più attrattive le loro aree di sosta. Sono tanti i comuni che oggi, senza risorse proprie, potrebbero pertanto trarre vantaggio dall’applicazione della norma da parte delle attività private: nuovi supermercati, centri e parchi commerciali dotati di punti ricarica aumenterebbero l’attrattiva del comune per chi dispone di un proprio veicolo elettrico.

La sottoscritta consigliera

 

interroga la Giunta regionale

 

  • per sapere quanti e quali comuni:

 

  1. non hanno aggiornato il regolamento edilizio ai sensi della legge 134/2012;
  2. hanno aggiornato il regolamento edilizio ai sensi della legge 134/2012 e tra questi quanti e quali lo hanno aggiornato con un generico riferimento alla nuova normativa e quanti e quali invece lo hanno aggiornato con indicazione di criteri specifici e quantitativi;

 

– per sapere se la Regione abbia valutato di intervenire nei confronti dei comuni inadempienti o parzialmente inadempienti con una esplicita richiesta di aggiornare il regolamento edilizio e/o di attivare le richieste misure di controllo e in caso negativo per quali motivazioni;

 

– per sapere se la Regione abbia valutato di dar seguito a quanto previsto all’art.39 della legge 380/2001 nel caso di reiterata inadempienza dei soggetti tenuti alle installazioni sopraccitate.

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