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SUICIDI IN AUMENTO NELLE CARCERI VENETE, CHE SONO PIÙ SOVRAFFOLLATE DELLA MEDIA NAZIONALE

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Venezia, 21 marzo 2024 – «Quando qualcuno muore in carcere è facile voltarsi dall’altra parte, ma non si può rimanere indifferenti di fronte all’aumento dei suicidi nelle strutture penitenziarie venete. Nel 2023 sono stati otto, contro i due dell’anno precedente: tre a Verona, tre a Venezia, uno a Treviso e uno a Vicenza. Numeri che fanno gelare il sangue nelle vene e sui quali è opportuno un supplemento di analisi». Così Erika Baldin, capogruppo in Consiglio regionale del MoVimento 5 Stelle del Veneto, a margine della seduta odierna della commissione Sanità e Sociale, nel corso della quale è stata illustrata la relazione del Garante regionale dei diritti della persona riferita al 2023. «Ringrazio il Garante e la sua struttura per il prezioso lavoro svolto, che getta luce sulla situazione drammatica delle carceri venete», sottolinea Baldin.

«Le carceri venete rischiano di scoppiare: nel 2023 il sovraffollamento ha raggiunto il 134%, un dato superiore alla media nazionale, pari al 118%. Ne ho avuto diretta conferma recentemente, al carcere minorile di Treviso, dove ho potuto toccare con mano i primi effetti del decreto Caivano che aumenterà ancor di più il numero di minorenni reclusi», ricorda la consigliera regionale, che il 13 marzo scorso si è recata in visita all’Istituto Penitenziario Minorile (IPM) e al Centro di Prima Accoglienza (CPA) di Treviso, secondo quanto previsto dall’articolo 67 della legge sull’ordinamento penitenziario.

«Dalla relazione del Garante emerge una forte necessità di miglioramento degli spazi comuni e della sicurezza sociosanitaria dei detenuti. Questa valutazione è condivisa da tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione penale: dal sindacato della polizia penitenziaria, agli avvocati aderenti all’Unione delle Camere Penali che proprio ieri si sono astenuti dalle udienze per richiamare l’attenzione sulle gravissime condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane. In Veneto, le uniche due carceri non sovraffollate sono il femminile di Venezia e la casa circondariale di Padova», aggiunge Baldin. «Il 36% delle segnalazioni ricevute dal Garante regionale riguarda la materia sanitaria: qui la competenza è regionale, tramite le Ulss del territorio. Occorre fare di più», conclude Baldin.

Erika Baldin (MoVimento 5 Stelle), consigliera regionale

 

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VOTERÒ LA LEGGE REGIONALE CHE RESTITUISCE L’ONORE AI SOLDATI FUCILATI PER DISERZIONE NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

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Venezia, 20 marzo 2024 – «Il disegno di legge regionale che restituisce l’onore ai circa 1250 soldati italiani, fucilati e decimati nella Prima guerra mondiale per aver disertato o contestato gli ordini di andare al massacro, ridà dignità a queste giovani vite troncate dalla follia bellicista. Io lo sosterrò in aula senza riserve». Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, interviene in merito al progetto legislativo, primo firmatario il presidente Ciambetti, che è all’esame della VI Commissione consiliare: «Già da tempo -esordisce la consigliera- l’ANPI e le associazioni pacifiste chiedono siano commemorati anche i tanti militari forzati, dal Veneto e da tutta Italia, sottoposti ad esecuzioni sommarie non solo per diserzione o rivolta alle gerarchie, ma anche per punire gesti assolutamente normali nella vita civile, non tollerati invece dal parossismo di guerra».

A distanza di oltre cent’anni dalla sua conclusione, non si spegne l’eco di quella che papa Benedetto XV definì “l’inutile strage”: «Migliaia di giovani, spesso poco più che adolescenti -osserva Baldin- furono mandati a morire in prima linea per riconquistare all’Italia i territori di confine. Stavano lavorando nei campi, nel mare, in fabbrica: magari studiando per migliorare le proprie condizioni e quelle delle loro famiglie, alle quali sono stati sottratti. Da un momento all’altro, diventarono carne da cannone nel fango di trincea: ci fu chi disse di no, e furono tanti. A quei ragazzi, che pagarono con la vita l’ultimo grido di pace, dobbiamo delle scuse e impegnarci affinché mai più l’Italia sia coinvolta in operazioni di guerra, in nessuna parte del mondo, come recita l’articolo 11 della Costituzione repubblicana».

Lo sguardo è al presente: «Come i giovani veneti e italiani del 1915-18 -prosegue l’esponente del M5S- oggi si trovano nella stessa situazione milioni di ucraini, che hanno visto la loro terra invasa e che non possono riparare in Occidente. Lo stesso per i russi, spediti a combattere per le mire imperialiste di un capo autoritario che tanto piace al consigliere Valdegamberi. Per non parlare dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi: dappertutto il mondo chiede di cessare il fuoco, anziché investire denaro pubblico nella produzione e nella vendita di strumenti di morte». Nel confermare convintamente il proprio voto favorevole al ddl Ciambetti, Erika Baldin divarica il cuneo che anche questa iniziativa sta creando all’interno della maggioranza: «L’opposizione di Fratelli d’Italia a questa legge -conclude- è un retaggio ideologico sorpassato, che la dice lunga della differenza di valori tra chi rivendica una contemporanea democrazia liberale, fondata sopra i diritti della persona, e chi al valore della vita premette la “ragion di Stato” in armi e divisa».

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LA SCUOLA PRIMARIA DI BOSCOCHIARO DEVE AVERE LA SUA PRIMA CLASSE ANCHE IL PROSSIMO ANNO, HO SCRITTO ALL’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE

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Venezia, 15 marzo 2024 – Un anno dopo le prime avvisaglie, la questione relativa al dimensionamento degli istituti scolastici torna d’attualità nelle cronache, in concomitanza con le iscrizioni al prossimo anno didattico che inizierà a settembre. Problemi e luoghi sono spesso gli stessi, ovvero il mancato raggiungimento del numero di scolare e scolari necessario a costituire una prima classe: come a Boscochiaro, frazione di Cavarzere, dove per il secondo anno consecutivo il plesso viene messo a rischio dall’adesione di soli dodici allievi e allieve, a fronte del minimo di quindici per comporre la classe.

Dopo la mozione approvata dal Consiglio comunale della città, della questione si è fatta carico Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, che parimenti ha inviato una richiesta di attenzione all’Ufficio Scolastico veneto: «La scuola “Lombardo Radice” sta diventando l’emblema di questa stagione di tagli e compressioni -rivendica la consigliera- ovvero una situazione che puntualmente colpisce in maniera maggiore le località periferiche e le isole, come Sant’Erasmo nella laguna di Venezia oppure Asseggiano, nella periferia mestrina. La politica del governo Meloni pone i territori l’uno contro l’altro, alla ricerca spasmodica di iscrizioni scolastiche per continuare ad esistere».

Il locale comitato “Salviamo la scuola di Boscochiaro” non demorde, e come avvenuto per il 2023 spera in una deroga, al fine di continuare a godere del diritto d’istruzione senza dover emigrare in altre parti del comune o fuori città: «Avevo appunto avanzato un’interrogazione alla giunta Zaia -spiega Baldin- per conoscere come avrebbe inteso contribuire a risolvere la situazione, a seguito della legge di bilancio nazionale, varata a fine 2022. In tale circostanza, lo scorso agosto, la Regione se ne lavò sostanzialmente le mani, asserendo che la composizione delle classi spettasse in via esclusiva a ogni singolo dirigente di istituto comprensivo. Gli stessi che però le norme varate dal governo mirano a ridurre».

Nella risposta dell’ente, emerse come le linee guida relative al dimensionamento scolastico raccomandano di mantenere, per quanto possibile, almeno un ordine di scuola in ogni territorio comunale: «Non basta -replica categorica l’esponente del M5S- perché va considerato che il Veneto è terra di comunità diffuse, rurali, isolate, magari montane, dove il trasporto pubblico non è spesso capillare e quindi efficace. Accorpare gli istituti comporta lo spopolamento di alcune aree, e la dolorosa scelta di molte donne di abbandonare il proprio lavoro per sovrintendere al trasporto dei figli fino alla scuola meno lontana. Conseguenze sociali che fanno ripiombare il Veneto indietro di decenni».

Erika Baldin, nella lettera all’Ufficio Scolastico regionale, condivide dunque «le preoccupazioni, gli auspici e l’appello dell’amministrazione cavarzerana affinché sia garantita anche per il 2024-2025 la formazione della classe prima nella scuola primaria “Lombardo Radice” di Boscochiaro. Forse si è ancora in tempo per scongiurare ulteriori chiusure».

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OGGI IN VISITA AL CARCERE MINORILE DI TREVISO: SOVRAFFOLLAMENTO CAUSATO DAL DECRETO CAIVANO

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Treviso, 13 marzo 2024 – «Il ministro della Giustizia Carlo Nordio venga a vedere gli effetti del decreto Caivano qui, nel carcere minorile della sua Treviso. Parliamo di 19 giovani contenuti in una struttura che sarebbe autorizzata ad ospitarne al massimo dodici». Così Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale, che oggi si è recata in visita all’Istituto Penitenziario Minorile (IPM) e al Centro di Prima Accoglienza (CPA) di Treviso, secondo quanto previsto dall’articolo 67 dell’ordinamento penitenziario. Il minorile di Treviso è uno dei quattro IPM a livello nazionale e accoglie i minori delle tre regioni del Nordest. «La visita di oggi rientra tra le prerogative dei consiglieri regionali, oltre che dei parlamentari», spiega Baldin, «e si inserisce nell’ambito di una serie di visite che sto effettuando negli istituti penitenziari del Veneto a partire dal luglio scorso, quando mi sono recata al carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia, e che proseguirà con una visita al carcere femminile di Venezia».

«Oggi durante la visita ho incontrato anche il Garante dei detenuti del Comune di Treviso, Lorenzo Gazzola. Ringrazio il direttore dell’IPM di Treviso Girolamo Monaco, che mi ha accompagnato nella visita assieme al personale di polizia penitenziaria. In loro mi hanno colpito la passione e la cura con cui svolgono l’importantissimo servizio a cui sono chiamati, la funzione rieducativa che in un carcere minorile assume evidentemente un’ulteriore rilevanza», sottolinea Baldin. «Questi agenti si trovano ad operare in un contesto di gravi carenze d’organico: nell’IPM di Treviso sono presenti soltanto 28 unità a fronte delle 36 previste sulla carta, una pianta organica che pure rischia di essere ridimensionata. Anche il personale amministrativo è ridotto all’osso, tanto che manca la ragioneria. Gli educatori, che al momento sono due, dovrebbero aumentare a sette nelle prossime settimane».

«Oltre al sovraffollamento, l’altro problema che salta subito agli occhi è la mancanza di spazi: sia per la scuola, tanto che le lezioni si devono alternare tra mattina e pomeriggio, che per le altre attività, comprese quelle ludico-ricreative. La chiusura temporanea del campo da calcio impedisce ai giovani detenuti di svolgere attività sportive all’aria aperta, che pure sarebbero importantissime dal punto di vista educativo e della salute. Ci sono state poi delle segnalazioni relative ad alcune parti della struttura che non sarebbero a norma. Problematiche, queste, alle quali va trovata rapidamente una soluzione: è un appello che lancio al ministro Nordio, trevigiano. Senza dimenticare che il carcere minorile di Treviso, che sconta la vicinanza agli adulti della casa circondariale e una struttura con caratteristiche ormai obsolete, dovrebbe essere chiuso quando sarà pronto il nuovo carcere minorile di Rovigo. Al ministro chiedo anche: quanti anni dovremo ancora aspettare per la nuova struttura?», conclude Baldin.

Erika Baldin (MoVimento 5 Stelle), consigliera regionale

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LA GIUNTA REGIONALE SI ATTIVI CON IL GOVERNO PER MIGLIORARE LA SITUAZIONE DI DETENUTE MINORENNI E DETENUTE MADRI NELLE CARCERI: HO PRESENTATO UNA MOZIONE

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Venezia 7 mar. 2024  – “Alla vigilia della Giornata internazionale della donna di domani, 8 marzo, ho presentato una Mozione per impegnare la Giunta regionale ad attivarsi presso il Governo e il collegio del Garante nazionale per le persone private della libertà affinché, garantendo risultati duraturi, venga redatto ogni anno un rapporto nazionale specifico sulle donne detenute in Italia, con particolare attenzione alle minorenni, alle madri e alle madri detenute con i figli sotto i sei anni. Inoltre, chiediamo all’Esecutivo regionale di attivarsi perché vengano modificate le norme sulle detenute con figli di meno di sei anni, in maniera tale che la contenzione per madri di bimbi in età prescolare avvenga in un luogo separato dal carcere e, possibilmente, all’interno di case- famiglia protette, previste dalla Legge n. 62 del 2011. Chiediamo infine alla Giunta di sollecitare il Governo a finanziare maggiormente il reclutamento di educatori e di assistenti sociali per gli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), e gli Uffici Servizi Sociali per i minorenni (USSM), con programmi specifici volti alla risocializzazione e a evitare la recidiva delle donne”.

Ha esordito così Erika Baldin, Capogruppo M5S a palazzo Ferro Fini, in una conferenza stampa organizzata per illustrare “la mia Mozione n. 523, che affronta la questione femminile all’interno delle carceri, presentata il 6 marzo”.

“Ritengo estremamente importante parlare della condizione delle donne all’interno delle Case circondariali – ha evidenziato l’esponente pentastellata – Credo che sia positivo che, a livello nazionale, se ne stia parlando e che la Politica abbia iniziato ad affrontare i gravissimi problemi rappresentati dai suicidi e dal sovraffollamento nelle carceri. Molto bene, quindi, la visita del Santo Padre presso il carcere femminile della Giudecca, a Venezia, programmata per il prossimo 28 aprile”.

“Ricordo – ha aggiunto Baldin – che la Risoluzione n. 88, approvata il 23 gennaio 2024 dal Consiglio regionale, chiedeva un impegno alla Giunta veneta per risolvere i problemi strutturali del sistema carcerario nella nostra Regione, segnalati nella Relazione sull’attività del Garante regionale dei diritti della persona, anno 2022, ovvero la carenza di personale di polizia, il numero insufficiente di professionisti dell’educazione e il sovraffollamento nelle carceri: questi sono i problemi più urgenti da risolvere. Anche alla luce dell’ultimo rapporto, pubblicato dal Garante regionale dei diritti della persona, che riporta testualmente un tasso di affollamento carcerario generale in Veneto del 125 percento, a fronte di una media nazionale pari al 110 percento. E faccio presente che i suicidi e i gravi episodi di autolesione sono proporzionalmente più frequenti tra le donne che tra gli uomini, riguardano le carceri sovraffollate, come a Verona, nonché le detenute giovani e dipendenti da sostanze”.

“Credo che il dovere costituzionale, per tutte le pene, di tendere alla rieducazione del condannato, debba riguardare anche la condannata, tanto più se alla donna è addebitata la responsabilità di reati meno gravi e se la detenuta è minorenne o madre. Ma per tendere veramente alla rieducazione, va migliorata la condizione carceraria delle detenute”, ha chiosato Erika Baldin.

Sono intervenuti alcuni rappresentanti di associazioni impegnate nel settore penitenziario, che hanno fornito un contributo qualificato.

Jessica Lorenzon (Antigone), ha fatto il punto sulla condizione delle detenute all’interno delle Case circondariali venete e ha chiesto omogeneità di trattamento, tra uomini e donne, sotto l’aspetto dell’accesso alle opportunità per la tutela della salute, per la formazione e l’istruzione. “Si dovrebbe, invece, pensare a trattamenti differenziati per rispondere alle specifiche esigenze delle detenute, sotto l’aspetto della salute intima, sessuale e psicologica”.

Samuele Vianello (Nessuno tocchi Caino) ha chiesto di non vedere più il carcere come unico luogo per dare esecuzione alla pena, iniziando a pensare, non tanto a un carcere migliore, ma a qualcosa di diverso da esso. “Siamo contro la morte per pena”, ha affermato. Vianello ha indicato il principale obiettivo, ovvero la rieducazione. “E vanno riformati i tempi per la liberazione anticipata”, ha concluso.

Anna Manao (Granello di senape) ha affermato la necessità di rivedere in modo profondo l’attuale trattamento detentivo, superando la gestione e l’organizzazione in essere e ponendo al centro l’area educativa. “Vanno stanziati risorse e strumenti adeguati a dare vita a progetti personalizzati, efficaci per contrastare la recidiva”, ha aggiunto.

Adriano Toniolo (cooperativa sociale ‘Il Cerchio’), ha parlato della sua esperienza della condizione femminile nelle carceri e ha spiegato l’iniziativa portata avanti “all’interno del centro storico veneziano, con la sartoria e la lavanderia industriale, che danno lavoro a tante detenute, molto interessate e motivate, anche perché così riescono a conquistarsi una certa autonomia e a formarsi”.

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OTTO MARZO, DOPO GIULIA, VANESSA E SARA: LA REGIONE AUMENTI I FONDI AI CENTRI CHE CONTRASTANO LA VIOLENZA DI GENERE

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Venezia, 6 marzo 2024 – Si avvicina un altro 8 marzo e mai come quest’anno l’attenzione verso le questioni di genere è stata tenuta alta. Purtroppo per motivi che tutte e tutti avremmo preferito non vivere: i premeditati femminicidi di Giulia Cecchettin, Vanessa Ballan e Sara Buratin, con le atroci settimane d’angoscia trascorse da tutta Italia, hanno forse segnato un “non plus ultra” nella maniera di affrontare la questione femminile da parte della politica. «Si leggono buoni propositi bipartisan, relativi all’educazione sentimentale degli adolescenti nelle scuole -esordisce Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale del Veneto- ma occorre considerare che, seppur apprezzabili e comunque in ritardo, essi non esaurirebbero il compito (anzi, la missione) in capo a chi governa e amministra.
A cominciare dalla necessità che la Regione del Veneto aumenti i fondi a disposizione dei centri antiviolenza, i quali svolgono un presidio decisivo nel territorio, e che proprio in concomitanza con gli ultimi tragici lutti hanno visto intensificare gli accessi e le richieste di sostegno da parte di coloro che finalmente trovano la forza di denunciare».

Le cronache segnalano come i femminicidi in Italia nel 2023 hanno abbondantemente superato “quota cento”, e nove sono già le donne che hanno perduto la vita per mano maschile nei primi due mesi dell’anno in corso «Non di rado -sottolinea la consigliera- la folle gelosia si abbatte sopra ragazze già deboli nella bilancia della coppia. Non occorre volgere lo sguardo all’oscurantismo iraniano per trovare anche da queste parti storie che pensavamo di aver lasciato alle spalle. Molte sono state le donne che, messe di fronte al bivio tra lavoro e maternità, hanno rinunciato forzatamente all’impiego, con gravi ripercussioni nelle legittime aspirazioni di crescita professionale: una donna che non è libera e indipendente è una donna ricattabile, più sola, potenzialmente sotto minaccia».

Certo le politiche pubbliche non stanno aiutando: la sostenibilità economica di una maternità non è un tema secondario. «È notorio -continua Baldin- come, a parità di mansioni, in tutta Italia le donne lavoratrici percepiscono stipendi inferiori ai colleghi maschi. È altrettanto evidente che, nonostante la retorica del cambiamento, nemmeno ai livelli apicali il numero delle donne dirigenti d’impresa lontanamente si avvicina a quello maschile: in Veneto, ad esempio, sono sedici su cento. Ma soprattutto, la carenza di asili nido pubblici (27 posti ogni 100 bambini in Veneto, 26 nel Veneziano a fronte di una media europea attestata a 33) offre poche alternative alle coppie che decidono di procreare: per questo motivo, ho sollevato una mozione in seno al Consiglio regionale, la cui approvazione impegnerebbe la Giunta a rivedere la propria programmazione e aumentare le risorse a bilancio da destinare a questo aspetto decisivo».

Ma anche coloro le quali, per inalienabile scelta personale, non desiderano portare avanti una gravidanza, in Veneto trovano più difficoltà che non altrove: «L’obiezione di coscienza, infatti -aggiunge l’esponente del M5S- da diritto sancito per legge è diventato espediente per rendere impraticabile l’aborto in tutte le strutture ospedaliere, dove non di rado alcune associazioni “pro vita” agiscono sulla psiche delle giovani donne intenzionate ad abortire, riducendo l’intera questione a mero riflesso economico».
Tuttavia lo scorso maggio, la V commissione Sanità del Consiglio regionale ha introdotto, fra i criteri di valutazione dei direttori generali nelle singole ULSS venete, anche l’adeguamento alla media nazionale del numero di strutture dove l’interruzione volontaria di gravidanza può essere materialmente eseguita.

«Ero stata la prima, oltre un anno fa -conclude Erika Baldin- a suggerire che la tutela del diritto della donna ad abortire rientrasse tra i compiti di ogni direttore: non può essere considerata efficiente una gestione dove i reparti di Ostetricia e Ginecologia sono in mano al personale obiettore. Eppure ci è voluto un anno affinché la maggioranza di centrodestra prendesse coscienza del problema e decidesse di cambiare rotta, dapprima trincerandosi dietro presunte “motivazioni tecniche” e poi riconoscendo che l’introduzione di questo parametro si poteva fare». Si doveva fare, nella regione che cinquanta anni fa processava Gigliola Pierobon, giovane padovana accusata di essere ricorsa all’aborto clandestino, quando della pratica si poteva anche morire, prima dell’approvazione della legge 194/78 (mai peraltro applicata interamente). I fatti di questi giorni sono lì a dimostrare che molto dev’essere ancora fatto per abbattere in senso femminista tutti questi gender gap, e che l’evoluzione deve avvenire a partire dalla società.

Erika Baldin (MoVimento 5 Stelle), consigliera regionale
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DIRITTI CIVILI, PADOVA RIPRISTINA LA CIVILTÀ GIURIDICA: IL TRIBUNALE RESPINGE LE RICHIESTE CONTRO LE FAMIGLIE ARCOBALENO

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Venezia, 5 marzo 2024 – «La decisione del tribunale di Padova, che ha respinto i ricorsi della Procura contro 33 atti di nascita di bambine e bambini figli di due mamme, segna un punto di svolta e stabilisce una volta per tutte che al centro di questa vicenda ci sono minori che vanno tutelati al di là di qualsiasi follia ideologica». Così Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale, che esprime «soddisfazione per una decisione che riporta la discussione nei binari del buonsenso. Oltre alle mamme, oggi festeggia tutta la città di Padova che tramite l’amministrazione Giordani ha scelto di stare dalla loro parte».

«Finalmente la furia ideologica del governo Meloni contro i diritti civili trova un freno. Il ricorso della Procura, infatti, era giunto dopo la circolare del ministro dell’Interno: una vera e propria mannaia contro 33 famiglie, che per mesi hanno dovuto lottare in tribunale per difendere il proprio diritto ad esistere», aggiunge Baldin. «Sono stata fin dall’inizio accanto alle famiglie arcobaleno e ho portato in Consiglio regionale la battaglia per i diritti civili», ricorda la consigliera regionale, «con un emendamento per estendere alle coppie omogenitoriali il congedo parentale per malattia fino ai 14 anni del figlio: una proposta che purtroppo è stata bocciata dalla maggioranza. Ora la destra smetta di discriminare i bambini e dividere gli italiani tra famiglie di serie A e di serie B», conclude Baldin.

Erika Baldin (MoVimento 5 Stelle), consigliera regionale

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ONORARE STEFANO GHELLER, LA GIUNTA VENETA ADOTTI IN DELIBERA I CONTENUTI DEL DISEGNO DI LEGGE COSCIONI IN TEMA DI FINE VITA

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Venezia, 26 febbraio 2024 – La capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, Erika Baldin, partecipa al lutto per la scomparsa di Stefano Gheller, attivista dei diritti civili in Veneto che con la sua battaglia personale ha aperto la strada alla discussione in tema di fine vita. «Lo ricordo per la sua dignità e compostezza -commenta la consigliera-  per la forza della sua azione. Era un uomo che amava la vita, fino all’ultimo».

In occasione delle esequie, Baldin rilancia l’ipotesi che sia la giunta Zaia, attraverso una delibera, a riprendere in mano la questione dopo il discusso voto del Consiglio, avvenuto a gennaio: «Il modo migliore per onorare la memoria di Stefano Gheller -aggiunge l’esponente del M5S- è che l’esecutivo regionale recepisca i contenuti del disegno di legge promosso dall’associazione Coscioni».

Tutte e tutti coloro che hanno diritto di godere del trattamento già riconosciuto dalla Corte Costituzionale -conclude Erika Baldin- «devono essere nelle condizioni di poterlo fare concretamente anche in Veneto, non solo in forza di una sentenza della Consulta. Ovvero ciò per cui Gheller stesso si è battuto».

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LA GIUNTA REGIONALE CONSIDERA 21 MINUTI UN TEMPO “COMPATIBILE” AFFINCHÉ L’AMBULANZA SOCCORRA UN CARDIOPATICO IN CODICE GIALLO

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Venezia, 20 febbraio 2024 – Ventun minuti di attesa dell’ambulanza, per soccorrere un paziente cardiopatico in codice giallo? Per la Giunta regionale del Veneto è tutto normale. Il fatto è accaduto lo scorso 3 settembre 2023 in via Verdi a Jesolo, dove un turista tedesco si era sentito male, accasciandosi a terra: i soccorsi furono invocati immediatamente, ma la risposta arrivò dopo cinque minuti, più i ventuno necessari al mezzo del 118 per arrivare in loco. Il motivo? La carenza di vetture in dotazione all’ospedale di Jesolo in quel momento, impegnate in altri servizi. Così l’ambulanza che, per fortuna e grazie alla professionalità del personale sanitario, ha potuto salvare la vita al turista aveva dovuto muovere da Ca’ Savio.

La questione aveva interessato la Giunta di palazzo Balbi attraverso l’interrogazione che Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle, aveva depositato due giorni dopo il fatto, e alla quale è stata data risposta solo martedì in aula, durante la seduta di Consiglio: «Premesso che un caso simile si era verificato già nel 2020, con esiti fatali -spiega la consigliera- il fatto che il paziente avesse subìto già due interventi di applicazione di bypass al cuore doveva essere considerato un’aggravante, non un’attenuante per attribuire il codice giallo. Come se ricevere un codice giallo dia diritto a una sanità meno veloce ed efficace».

Sia i primi sintomi, sia la diagnosi di dismissione dall’ospedale furono concordi nell’escludere tuttavia l’infarto del miocardio: «Nella sua risposta -ricorda Baldin- l’assessore Calzavara ha dichiarato che, sebbene i mezzi siano stati impegnati contestualmente in più missioni, i tempi di arrivo dell’ambulanza sono stati valutati pienamente compatibili con le necessità del paziente». Nel territorio di competenza dell’ULSS 4 sono sette le ambulanze adibite al soccorso avanzato fin dal 2019, a fronte di un fabbisogno di cinque, oltre all’incremento estivo.

«Ciononostante -argomenta l’esponente del M5S- oltre venti minuti non possono comunque essere considerati un intervallo breve, o in linea con la normalità. Occorre purtroppo tener conto delle condizioni viabilistiche delle aree interne: non si contano più situazioni consimili, di ambulanze rimaste imbottigliate nel traffico lungo strade obbligate come la Romea o quelle del Veneto orientale. Da Isolaverde a San Donà, da Adria a Jesolo, episodi come questi faticano a rientrare nel rango dell’asserita eccellenza veneta».

Che va garantita non solo tentando di rispettare le liste di attesa alle visite e prestazioni ambulatoriali, né solamente curando adeguatamente ogni patologia, ma anche assicurando sempre l’abbattimento dei minuti di interventi nei casi di urgenza: «Meno male che stavolta è andata bene -conclude Erika Baldin- altrimenti, dovesse accadere ancora, sarebbe veramente difficile non attribuire la responsabilità al sistema sanitario regionale. Specie in una delle maggiori località turistiche, che potrebbero subire contraccolpi di presenze ove le persone che arrivano (e naturalmente quelle che risiedono in maniera stabile) non avessero certezza di essere curate tempestivamente in caso di necessità. Anzi, riducendo le loro stesse aspettative di vita».

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APPROVATA LA MIA RISOLUZIONE PER ATTIVARE LA GIUNTA A SPINGERE CON IL GOVERNO AL FINE DI TROVARE SOLUZIONI AL SOVRAFFOLLAMENTO NELLE CARCERI E ALLA CARENZA DI PERSONALE

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Venezia, 24 gennaio 2024 – La situazione nelle carceri venete è stata al centro della seduta settimanale del Consiglio regionale, con tre risoluzioni e una mozione, equamente divise tra maggioranza e opposizione.
Soddisfatta la capogruppo del MoVimento 5 Stelle, Erika Baldin, per l’approvazione del suo testo (numero 88) che intende attivare la Giunta di palazzo Balbi al fine di trovare soluzioni concrete ai tanti problemi che attanagliano le case di reclusione: sovraffollamento, suicidi, sommosse, carenza di personale, condizione delle madri detenute.

«Mi fa piacere -commenta a caldo la consigliera- che il Consiglio, con l’eccezione di Fratelli d’Italia, abbia convenuto di auspicare l’impegno dell’esecutivo regionale con il governo, per garantire risultati duraturi nel risolvere le criticità in parola. Il sovraffollamento delle carceri venete si attesta in media al 128%, con picchi che raggiungono il 156% e il 157% nelle case circondariali di Treviso e Verona, del 144% nella casa di reclusione di Padova. 

E non bastano le rassicurazioni del sottosegretario Ostellari, di recente in visita al penitenziario veronese di Montorio, quanto alle necessarie assunzioni di personale in maniera almeno sufficiente a ripristinare per intero le piante organiche carenti. In media, dove dovrebbero esserci al massimo dieci detenuti se ne trovano almeno tredici, con picchi di 16, gestiti da un numero sempre inferiore di guardie carcerarie. A mancare, inoltre, sono soprattutto educatrici ed educatori, dal momento che ogni professionista gestisce una media di circa 70 persone detenute».

L’impegno di Baldin in materia non è certo nuovo, anche se acuito dalle drammatiche notizie delle ultime settimane, con la serie di suicidi (ultimo, il 27enne chioggiotto Stefano Voltolina al Due Palazzi di Padova) e le continue proteste delle detenute e dei detenuti, che chiedono migliori condizioni di agibilità dentro le celle: «Avevo presentato questa risoluzione nell’aprile 2023, ad un anno di distanza dalle rivolte nell’istituto penitenziale minorile di Treviso, che venne appunto chiuso per quindici mesi. Allora chiedevo la sua riapertura, avvenuta solo a luglio dello scorso anno». Durante la discussione sono stati affrontati anche i temi della sanità dietro le sbarre, di competenza regionale: l’assessora alle Politiche Sociali, Manuela Lanzarin, ha confermato gli investimenti nel settore e l’apertura di una nuova struttura a Rovigo.  

L’esponente del M5S ricorda anche la sua visita nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore: «Sono luoghi dove ci si rende conto come il sistema di esecuzione penale italiano sia volto alla riabilitazione e risocializzazione, principio fondamentale soprattutto quando si parla di minori o neomaggiorenni. La vicinanza alle famiglie e agli affetti è essenziale, e se viene a mancare è più facile che siano giovani coloro che non trovano più speranza tra quelle mura, per abbandono. Ringrazio ancora le volontarie e i volontari che si prendono cura di questi casi».

Erika Baldin insiste affinché vengano prese in considerazione misure alternative, depenalizzazioni dei reati a minor impatto sociale e accordi con i Paesi di provenienza: «Il rispetto delle garanzie delle persone carcerate è sancito dall’articolo 27 della Costituzione, e proprio in Veneto non mancano istituti all’avanguardia per il riavvicinamento al lavoro, condizione indispensabile al ritorno alla vita civile dopo aver scontato la pena».

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