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In questi giorni è in corso in consiglio regionale la discussione sulla manovra economico-finanziaria, un appuntamento fondamentale per il futuro dei veneti. Io ho proposto che il Veneto post-covid riparta da due priorità: la Salute e l’Ambiente (niente inceneritori, per capirci…).
 
Ho pubblicato qui il video del mio intervento in Aula, nel quale ho presentato la manovra emendativa con tutte le proposte raccolte anche grazie alle segnalazioni che ho ricevuto.
 
Qui sotto, invece, è riportato il testo integrale del mio intervento.
 


Grazie presidente.
Ringrazio anch’io il presidente Sandonà per aver illustrato e riassunto i temi che sono al centro della discussione di questa sessione di bilancio, che si apre come di consueto con il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR). Il DEFR costituisce l’oggetto principale e il “piatto forte” della seduta di oggi, nonché il presupposto della manovra di bilancio per il triennio 2021-2023 che esamineremo nei prossimi giorni: in questo intervento toccherò quindi alcuni aspetti specifici del DEFR ed altri che attengono alla manovra nel suo complesso.
Il DEFR rappresenta, almeno dal punto di vista del consiglio regionale, il cuore della manovra economico-finanziaria e ne riassume, in effetti, tutti gli aspetti legati alla programmazione. Perciò è proprio con la discussione sul DEFR che il consiglio regionale può approfondire gli aspetti della sessione finanziaria dal punto di vista che più ci compete, ovvero la programmazione. È qui che si stabiliscono gli obiettivi e le linee guida, articolati in missioni e programmi, ed il DEFR costituisce senz’altro un documento importante, direi anzi imprescindibile, per fare un’ottima programmazione.
Se una programmazione efficiente, precisa e puntuale risulta fondamentale in periodi di pace – passatemi quest’espressione – ciò vale ancor di più in frangenti di guerra. Sono certa che tutti i colleghi e le colleghe colgano la metafora: mi riferisco, com’è ovvio, all’emergenza assolutamente inedita che ci stiamo trovando ad affrontare, la pandemia da Covid-19 che dal mese di marzo ad oggi ha sconvolto – e continua a sconvolgere – le nostre vite.
Credo non si possa quindi discutere il DEFR, cioè la programmazione economico-finanziaria della Regione nei prossimi tre anni, senza prima ringraziare chi affronta ogni giorno in prima linea il virus Sars-CoV-2. Il mio grazie, a nome del Movimento 5 Stelle che qui rappresento, va a tutto il personale sanitario, i medici, gli infermieri, gli operatori sociosanitari, i tecnici e il personale amministrativo che lavora a loro supporto. Un grazie di cuore perché, vale sempre la pena ricordarlo, se siamo nelle condizioni di poter discutere del futuro del Veneto è anche grazie alla loro straordinaria risposta e al loro prezioso lavoro.

Parto da alcuni dati contenuti nel DEFR. Nel mese di aprile sono state autorizzate nella nostra regione 113 milioni di ore di Cassa Integrazione Guadagni. Vale a dire che in un solo mese sono state autorizzate quasi lo stesso numero di ore di cassa integrazione che sono state concesse in tutto l’arco del 2010, anno durante il quale la crisi economica è stata più dura (cito da pagina 60 della Nota di Aggiornamento del DEFR). Il totale complessivo, aggiornato ad agosto, è di 269 milioni di ore di CIG autorizzate. A queste, si aggiungono le ore concesse tramite i fondi di solidarietà ai lavoratori dipendenti di aziende appartenenti a settori non coperti dalla normativa in materia d’integrazione salariale: si tratta di un totale di oltre cento milioni di ore autorizzate tra gennaio e agosto. Il settore che registra la congiuntura più sfavorevole è quello degli alberghi, dei pubblici esercizi e delle attività similari; per questi lavoratori, nel solo mese di aprile 2020 sono state concesse il triplo delle ore di tutto il 2013, l’anno più duro della crisi economica per il settore.
L’impatto del covid sulla nostra economia è stato enorme. Non potrebbe essere diversamente, in una regione che vede come prima “industria” proprio il turismo. Nei primi otto mesi dell’anno, le presenze turistiche sono diminuite del 55,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Tutto ciò si è tradotto nell’esplosione della cassa integrazione, come abbiamo visto, ma anche con il calo dell’occupazione (dovuto essenzialmente alle mancate assunzioni e certamente mitigato, almeno in parte, dal blocco dei licenziamenti imposto dal governo).
Il risultato è che, secondo i dati aggiornati a settembre, il PIL pro capite nel 2020 viene ipotizzato pari a 31.028 euro, con una riduzione di circa 2.800 euro rispetto al 2019, mentre il reddito disponibile pro-capite sarà pari a 20.391 euro, con una riduzione di 735 euro rispetto al 2019. I riflessi sociali della pandemia riverberano anche sull’emergenza abitativa, con centinaia di famiglie venete che rischierebbero di perdere la casa nel momento in cui venisse meno il blocco degli sfratti deciso dal governo.

Tutti questi dati vanno letti tenendo sempre a mente i numeri dell’emergenza sanitaria, impressionanti e inaccettabili. Sono i numeri di una strage, di un’ecatombe. Nella nostra regione più che altrove: nelle ultime due settimane abbiamo avuto circa 1.000 morti, la settimana scorsa abbiamo sfiorato i 150 morti in un solo giorno, con una media di quasi 90 morti al giorno; sono ancora tantissime le persone ricoverate in terapia intensiva ed il 50% di chi entra in terapia intensiva muore. Sabato scorso i contagi hanno superato quota 5.000. Non si contano gli appelli di autorità scientifiche, medici, infermieri. Non serve dire che ci sono posti letto: operatrici e operatori sanitari sono costretti a turni umanamente insostenibili. Abbiamo letto tutti la notizia degli infermieri costretti a usare il pannolone perché non hanno neppure il tempo di andare in bagno.

Dico tutto questo per cercare di dar la misura delle circostanze assolutamente gravi in cui ci troviamo. Sono circostanze assolutamente straordinarie, che impongono a ciascuno di noi la massima responsabilità e serietà. Con la consapevolezza forte di stare vivendo un’emergenza sanitaria e non solo, che ci ha colti in larga parte impreparati (non parlo soltanto del Veneto e dell’Italia, ma dell’intera umanità) e di fronte alla quale, del resto, era forse impossibile farsi trovare pronti. Un’epidemia globale, giunta attualmente alla sua seconda ondata, alla quale i governi di tutto il mondo hanno dato e stanno dando risposte diverse, durante le diverse fasi del contagio.
Non sta a me giudicare quale tra queste sia stata la risposta più efficace, lasciatemi dire però che guardando a ciò che è avvenuto in altri Paesi penso che vada dato atto al nostro governo, ma ancor prima al nostro sistema sanitario nazionale, di aver messo in campo una risposta straordinaria a questa emergenza straordinaria.
Non sono neanche tra quelli che hanno – o pensano di avere – la palla di vetro, perciò non mi azzardo a immaginare quando e come potremo uscire dalla fase di emergenza. Penso però che di una cosa possiamo già esser certi: che il coronavirus segna uno spartiacque per le nostre vite. C’è una vita prima del coronavirus, c’è una vita durante il coronavirus (ed è questa qui, quella che stiamo vivendo ancora oggi) e ci sarà – ci deve essere – una vita dopo il coronavirus. Che sarà necessariamente diversa da quella di prima: la pandemia rappresenta una cesura, un trauma collettivo che attraversa le generazioni e che lascerà il segno più di qualsiasi altro evento che abbiamo vissuto finora (più dell’11 settembre, più della crisi economica del 2007), eccezion fatta per alcuni dei nostri anziani che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale.
Ora, vedete, se è vero che c’è un mondo pre-covid e un mondo post-covid, allo stesso modo ci dovrà essere un Veneto pre-covid e un Veneto post-covid. Ed è proprio alla luce di queste considerazioni che la nostra discussione sul bilancio regionale assume particolare rilievo: il 2020 non è un anno come gli altri. Nel 2020, nell’anno del coronavirus, programmare la manovra di bilancio vuol dire saper cogliere la sfida che si apre di fronte a noi. Occorre fare il punto della situazione, l’ultima analisi – per così dire – del mondo pre-covid, e provare poi a immaginare il mondo post-covid, delineando le linee d’intervento fondamentali per il futuro del nostro Veneto. Non è una sfida da poco, me ne rendo conto, e del resto sono convinta che il compito di chi governa sia tracciare la strada, anche quando la visibilità davanti a noi è scarsa.
Arriviamo quindi al merito di questo DEFR, un documento che almeno in parte coglie questa sfida. Come Movimento 5 Stelle valuteremo il DEFR e la manovra nel suo complesso, con il senso di responsabilità che la realtà ci impone. Senza polemiche, senza sensazionalismi, consapevoli del nostro ruolo in questa fase delicatissima che ci vede come forza politica al governo del Paese e all’opposizione in quest’Aula.
Come ho già detto, il bilancio del 2020 ha inevitabilmente un carattere di eccezionalità, connesso alle circostanze della pandemia e dell’emergenza sanitaria. L’eccezionalità di questa sessione di bilancio, tuttavia, risalta anche in virtù del recentissimo insediamento di questo consesso. L’undicesima legislatura si è aperta non più di due mesi fa, molti dei colleghi si trovano tra questi banchi per la prima volta, il lavoro delle commissioni si è avviato tra le mille difficoltà dovute alle limitazioni che ci vengono imposte anzitutto dal buonsenso. Pensiamo anche soltanto alla difficoltà per i soggetti portatori di interessi, gli stakeholder, di partecipare al procedimento legislativo tramite le audizioni in commissione, ma non solo. Pensiamo alle limitazioni che inevitabilmente derivano dalla modalità eccezionale e straordinaria con la quale si riunisce oggi il consiglio regionale.
Se mi concede una battuta, Presidente: si è detto più volte che in questa legislatura la minoranza non ha i numeri per convocare un consiglio straordinario. La verità è che non ne abbiamo bisogno, perché in tempo di covid-19 ogni consiglio è straordinario!
Battute a parte, capite bene il punto: in fasi come queste, di estrema emergenza, il fattore tempo diventa cruciale ed è inevitabile che nell’accelerazione complessiva dei processi, sia l’esecutivo a “condurre le danze”. Avviene a livello nazionale, con l’intensa attività legata ai decreti adottati dal governo, ed avviene in maniera molto più marcata a livello regionale, almeno qui in Veneto, dove a partire da marzo l’intera amministrazione è di fatto riassunta nella figura del Presidente della Giunta regionale, nei bollettini diramati quotidianamente in conferenza stampa. Qualche cittadino mi chiede se la sede della Regione è stata spostata a Marghera: in un certo senso è così. Questo solo per dire che se Salvini e la Meloni, in pieno lockdown, trovavano il tempo per accusare Conte di “accentrare” e di sfruttare le conferenze stampa “a reti unificate”, forse dovrebbero fare un giro da queste parti. Lo dico senza alcuna polemica, perché come ho già detto: è normale che in un periodo di crisi, l’attenzione si sposti maggiormente sugli esecutivi. Che hanno il dovere di dare risposte in tempi rapidi. Vale a Roma e vale a Venezia, possibilmente nel massimo spirito di collaborazione tra istituzioni.

Da Roma qualche risposta è arrivata. Vi do qualche cifra: tra Decreto Rilancio e Ristori 1, i contributi a fondo perduto destinati al Veneto superano gli 800 milioni di euro. Altri 20 milioni di euro sono previsti con il Decreto Ristori 4 per la riduzione del debito finanziario del 2020. Risorse che si dovranno impiegare, entro l’anno, come ristoro alle attività che hanno subìto limitazioni in seguito all’emergenza Covid. Si tratta, quindi, di ulteriori interventi per andare incontro alle attività più colpite dall’emergenza legata al coronavirus.
Ci sono poi le operazioni finanziate grazie al Fondo di garanzia, dopo i provvedimenti che hanno potenziato e ampliato l’azione della garanzia dello Stato – ovvero il DL “Cura Italia” e il DL “Liquidità”. Qui i numeri sono veramente importanti: parliamo di 134 mila operazioni, nella nostra regione, per un totale di oltre 13 miliardi di euro di importo finanziato. Potete andare a consultare questi dati, in ogni momento, sul sito www.fondodigaranzia.it, dove trovate anche il dettaglio su base provinciale.
In particolare, focalizzandoci sul settore della pesca e dell’agricoltura, vediamo che gli operatori della nostra regione stanno apprezzando questo strumento. E infatti a livello nazionale siamo quelli che lo stanno sfruttando meglio: a fine novembre, avevamo già toccato la quota di 130 milioni di euro di finanziamenti per le imprese agricole e della pesca attivati grazie al Fondo di garanzia. Soldi che vanno a sommarsi alle altre misure straordinarie del governo Conte, dedicate al comparto ittico, quali il finanziamento da 20 milioni di euro al Fondo per le imprese della pesca e dell’acquacoltura, l’esonero straordinario dai contributi previdenziali e assistenziali per l’anno 2020 e l’indennità Covid da 950 euro per i pescatori (anche soci di cooperative).
Non mi dilungo sulle misure nazionali positive per il nostro territorio, che senz’altro conoscete: dai provvedimenti economici come l’introduzione del Superbonus al 100% (che secondo la CNA del Veneto vale 1,7 miliardi di euro per la nostra regione), a quelle sociali come i Buoni Spesa (recentemente rifinanziati dal governo con quasi 30 milioni di euro per i comuni veneti).
Voglio però dedicare l’attenzione a una notizia che è passata un po’ in sordina: in piena pandemia covid, il governo ha deciso di puntare sul rafforzamento delle nostre Forze dell’Ordine, che proprio in questi mesi si sono dimostrate fondamentali nella gestione dell’emergenza. Parliamo di 4.535 nuove unità a livello nazionale, con assunzioni scaglionate nei prossimi anni. In questo modo tantissimi giovani potranno entrare a far parte dei Corpi dello Stato e portare il loro contributo per aumentare la sicurezza del nostro Paese. Ma già in questi giorni abbiamo visto le prime, importanti assegnazioni anche nel nostro territorio: penso ai 55 nuovi carabinieri assegnati al comando provinciale di Venezia, 62 a Vicenza e 74 a Padova. È un numero veramente rilevante di nuovi Carabinieri, giovani e motivati, sicuramente una buona notizia per le nostre comunità fortemente provate dall’emergenza pandemica.

Ma torniamo a noi. Dal nostro punto di vista, le priorità per il Veneto post-covid sono sostanzialmente due: la prima è la salute. La seconda è la sostenibilità ambientale. Su questi aspetti, pertanto, si concentrano la maggior parte delle proposte che presenterò nell’ambito della manovra di bilancio. Lasciate che vi spieghi il perché in due parole, prima di passare all’illustrazione di alcuni emendamenti e dei temi che intendo toccare nel corso della discussione.
La pandemia ci ha ricordato che la salute viene prima di tutto: è un bene primario, per l’individuo e per la comunità. Quindi è un bene comune. Dobbiamo dirlo con forza: la salute è un bene comune. Perciò la nostra Sanità è posta a difesa del diritto individuale del cittadino ad essere curato, ma anche a difesa di un interesse pubblico. Senza salute, non c’è lavoro e non c’è benessere. Osservazioni quasi banali, che però devono essere il nostro faro per gli anni a venire: basta con la privatizzazione della sanità, mettiamo una pietra sopra alla stagione dei tagli, torniamo a investire seriamente sul personale sanitario con nuove assunzioni.
Sotto questo profilo, la risposta del governo Conte non si è fatta attendere e fin dall’inizio della prima ondata ha tracciato la strada a partire dal decreto Cura Italia, con il quale venivano individuate le coperture per 20.000 assunzioni in Sanità, oltre finanziamento dell’aumento dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità di pneumologia e malattie infettive (anche in deroga ai limiti di spesa) e alle altre misure stabilite per potenziare la capacità di intervento del Sistema sanitario, della Protezione civile e degli altri soggetti pubblici impegnati a fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Il secondo tema, quello dell’ambiente, è fortemente connesso al primo. La salute non è soltanto assenza di malattia: essere in salute vuol dire star bene. Invece in questi anni osserviamo che la nostra terra, il Veneto, è sempre più colpita da emergenze. Può essere l’emergenza sanitaria, il Covid-19. Può essere l’emergenza climatica e ambientale: la tempesta Vaia, l’Acqua Alta, le mareggiate, le alluvioni. Questi fenomeni saranno sempre più frequenti e, probabilmente, sempre più catastrofici: a meno che non si riesca ad invertire la rotta del cambiamento climatico. Questo è l’avvertimento degli esperti e questo è l’assunto alla base della strategia europea del Green New Deal e dell’intervento straordinario messo in campo con il Recovery Plan, 750 miliardi di euro a livello comunitario e circa 200 miliardi per il nostro Paese: un grandissimo risultato del governo Conte.
Tutti questi temi ricorrono e sono approfonditi all’interno del DEFR, dove si fa riferimento anche al Piano regionale di ripresa e resilienza (Prrr), già approvato dalla Giunta regionale. Il Piano dovrebbe contenere degli interventi da realizzare nella nostra regione, coerentemente con gli indirizzi del Recovery Plan.
Dico dovrebbe, perché non sempre è così: è il caso dell’inceneritore di Fusina, per il quale la Giunta chiede 70 milioni di euro del Recovery Fund europeo. Quando il Piano è stato pubblicato sul bollettino regionale, ho subito informato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, segnalando il palese non rispetto della gerarchia d’intervento nella gestione rifiuti e l’evidente contraddizione delle nuove linee guida europee da parte della Regione Veneto sull’uso di fondi – incluso Recovery Fund – che non prevedono il finanziamento di nuovi inceneritori e discariche. Vale la pena ricordare che fino a qualche anno fa i Fondi regionali, impiegati per le aree più arretrate e spesso anche per le regioni del Sud Italia, andava ai gradini più bassi alla gerarchia dei rifiuti, ovvero discariche e inceneritori, rendendoli irragionevolmente convenienti. Ora invece sul capitolo rifiuti i fondi andranno ai livelli superiori della gerarchia, inclusi non solo riciclo e compostaggio, ma anche azioni intese a riduzione e riuso. La Giunta chiede quindi fondi del Recovery Fund per una azione che è in netta contraddizione con le linee guida europee. Non si tratta però di una questione formale, il problema non sta nel mancato rispetto di un protocollo o di una procedura: è una questione di visione, del Veneto post-covid che immaginiamo per il domani. Vogliamo un Veneto terra di inceneritori o vogliamo un Veneto terra di riciclo, di riuso e di riduzione dei rifiuti? Vi ricordo che in parte già lo siamo: primi in Italia e ai vertici europei per raccolta differenziata. Perciò io continuo a credere in una regione all’avanguardia, anche sul capitolo rifiuti. Sono contraria al progetto dell’inceneritore di Fusina e presenterò un ordine del giorno su questi aspetti.
Connesso al tema dell’inceneritore, c’è la questione dei bio-monitoraggi. “Sappiamo che un’associazione locale di genitori, sostenuta da oltre 1000 firme, da tempo chiede invano che vengano eseguiti due biomonitoraggi di facile realizzazione e di basso costo, per i quali sono già disponibili sia i volontari sia i laboratori attrezzati per l’esecuzione. Si tratta di verificare la presenza di diossina nel latte materno e di metalli pesanti nelle unghie dei bambini (come fatto recentemente per l’inceneritore di Forlì). Questi dati sono indici sensibili del livello di inquinamento di un territorio ed è imprescindibile conoscerli prima di affrontare un nuovo possibile impatto ambientale”. Sto citando un appello sottoscritto da medici e pediatri, che chiedono lo stop dell’inceneritore in attesa di un’indagine di bio-monitoraggio. Anche su questo presenterò un ordine del giorno.
Come vedete, c’è un intreccio evidente tra il tema della salute e quello dell’ambiente quando si parla di rifiuti. Su questo aspetto si concentrano anche alcuni degli emendamenti che via via illustrerò nel corso della discussione sul bilancio.
In primo luogo, sono convinta che dopo anni di promozione dell’usa e getta sia tempo di ripensare il nostro modello di sviluppo, viste le problematiche ambientali a livello mondiale come quella delle microplastiche, ormai entrate nelle catene alimentari, nei terreni e nelle acque. Un modello di sviluppo di economia lineare prodotto-rifiuto non è più perseguibile su larga scala: bisogna passare ad un modello circolare che preveda non solo il riciclo ma il riuso, con l’allungamento dei cicli di vita del prodotto in tutti i settori e la considerevole diminuzione degli imballaggi inutili. Per questi motivi troverete un emendamento che contiene una proposta per promuovere le attività di vendita di prodotti sfusi, del tutto in linea, tra l’altro, con gli obiettivi della strategia europea e del Recovery Plan che sono richiamati anche all’interno del DEFR.
Ho presentato anche un emendamento più specifico, che riguarda molto da vicino il mio territorio, relativo al problema degli attrezzi da pesca smarriti o abbandonati in mare. Sappiamo che le reti, i fili da pesca o le cime rappresentano circa il 30% dei rifiuti che si trovano sulle spiagge. Secondo la normativa europea gli Stati membri devono garantire che almeno il 50% degli attrezzi da pesca contenenti materiale plastico, smarriti o abbandonati, vengano raccolti ogni anno, con un obiettivo di riciclaggio di almeno 15% entro il 2025. L’inquinamento da plastica ha conseguenze gravissime sugli ecosistemi: tracce di materiali plastici si trovano ormai nella catena alimentare e nelle falde acquifere, secondo alcuni studi si riscontrano residui di polimeri anche nell’uomo. Naturalmente, queste conseguenze sono negative non solo dal punto di vista ambientale e della salute, ma anche da un punto di vista economico. Dunque, intervenire su questo aspetto significa garantire una maggiore tutela del mare e aiutare fortemente l’economia e l’occupazione del Veneto. Mari protetti e più in salute significano una ricostituzione più rapida e variegata degli stock ittici e degli habitat, che fornirebbero così maggiori risorse per sostenere il rilancio e la sopravvivenza della nostra marineria dopo le difficoltà del Covid-19.
Chiedo una maggiore attenzione per Chioggia e per il litorale. Le recenti mareggiate hanno prodotto altri danni devastanti, con un emendamento propongo di sostenere i necessari ripascimenti, dando un contributo straordinario ai comuni colpiti dalle mareggiate. Con un altro emendamento andremo a intervenire sul capitolo della difesa del suolo, in particolare per la sistemazione delle opere idrauliche e quindi la messa in sicurezza dei fiumi e degli argini.
Lo ripeto ancora una volta: difesa della salute e tutela ambientale, il Veneto post-covid deve ripartire da qui. Il Recovery Plan, con i 200 miliardi ottenuti dal governo Conte, costituisce un’occasione da non perdere. Non possiamo sprecarla con progetti nati vecchi come l’inceneritore di Fusina. Dobbiamo invece sfruttare quelle risorse come un volano di crescita, per una reale transizione green della nostra economia, che metta al centro la salute e l’ambiente. Bisogna saper guardare al futuro, per il bene dei veneti. Grazie Presidente.

Erika Baldin
Consigliera regionale del Veneto

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