Venezia, 22 luglio 2025 – Negli scorsi mesi, oltre seimila insegnanti di ruolo hanno presentato domanda di trasferimento dal Veneto ad altre regioni, principalmente del centro-sud, in vista del prossimo anno scolastico. Un aumento di ben 1463 unità, secondo i dati forniti dall’Ufficio Scolastico regionale, con picchi nel Veronese (1190 domande presentate entro la data di scadenza) e incrementi maggiori verificatisi nella Marca trevigiana. «A fronte di questo fenomeno -commenta Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale- la Giunta veneta ammette candidamente di non aver pensato ad alcuna politica mirata a far rimanere nel territorio queste professionalità e competenze».
La risposta che l’assessore Cristiano Corazzari ha fornito in aula, facendo le veci dell’assente Valeria Mantovan, non soddisfa la consigliera: «Secondo l’ente, l’esodo è dovuto alla distanza dal luogo di origine, alle dinamiche nazionali di reclutamento, e solo in terz’ordine alle difficoltà di accesso a soluzioni abitative stabili e compatibili con i livelli retributivi del personale scolastico. Ciò significa che la giunta Zaia tace del carovita, che in Veneto si fa sentire più che altrove, e che appunto si unisce alle spese per la casa, impattando in maniera più sensibile là dove imperano le locazioni brevi e turistiche».
Baldin si aspettava l’enunciazione di provvedimenti meno generici rispetto all’apertura di un dialogo con il Ministero dell’Istruzione: «Va bene l’asserito impegno alla ricerca di soluzioni efficaci, quali le misure di sostegno logistico e la valorizzazione del ruolo del personale docente. Ma sarebbe ora di pensare a forme di welfare che interessano, ad esempio, i trasporti e la famiglia stessa di chi viaggia per lavoro: che ne è dell’ipotesi di un biglietto unico per il sistema integrato di mobilità regionale? Ha forse dato corso, la Regione, all’emendamento al bilancio che l’ex vicepresidente del Consiglio Nicola Finco aveva presentato in tema di gratuità degli asili nido pubblici, e che era stato votato all’unanimità dal Consiglio? Sono domande retoriche, naturalmente».
Dalle parole lette da Corazzari, emerge il quadro di una Regione che naviga a vista, senza un progetto strategico per mantenere in Veneto i cervelli e acquisirne da fuori: «È vero che l’istruzione è una materia prevalentemente di pertinenza nazionale, ancorché richiesta in sede di trattativa per l’autonomia differenziata -rileva l’esponente del M5S- e che non paiono esservi collegamenti con le sciagurate politiche di dimensionamento scolastico volute dal governo Meloni, che hanno portato alla chiusura di molti plessi. Ciò non toglie che oggi chi volesse lavorare nella scuola in Veneto fa molta fatica, se di suo non può contare sopra una casa di proprietà e altri redditi nel bilancio familiare», conclude Erika Baldin.