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FINE VITA, LA SARDEGNA DELLA PRESIDENTE TODDE APPROVA UNA LEGGE NEL SOLCO DELLA CONSULTA. IN VENETO ZAIA NON RIESCE NEMMENO A FAR EMANARE UN REGOLAMENTO

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Venezia, 17 settembre 2025 – Dopo la Toscana, la Sardegna. Sale a due il numero delle Regioni, entrambe rette da maggioranze di centrosinistra, che hanno approvato una legge in grado di disciplinare le questioni legate al fine vita e alla possibilità di suicidio assistito: la base è la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, la quale dichiarò non punibile il medico che assiste il paziente terminale, in presenza di quattro condizioni: malattia irreversibile, sofferenza insopportabile, assistenza anche farmacologica e la capacità di esprimere le proprie volontà. Nella circostanza, la Consulta aveva anche esortato il Parlamento nazionale a legiferare in materia, cosa che dopo oltre sei anni non è ancora avvenuta.

«Bene lo scossone che arriva dalla Sardegna -commenta Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale del Veneto- dove la giunta guidata da Alessandra Todde ha avuto il coraggio di agire là dove la Camera e il Senato ancora non sono riuscite. Grazie anche all’impegno dell’associazione Luca Coscioni, che aveva sottoposto all’assemblea sarda il testo del disegno di legge di iniziativa popolare». Si ricorderà che analoga chance in Veneto era stata bloccata il 16 gennaio 2024 dal sostanziale pareggio in aula, dopo spaccature trasversali agli schieramenti.

Continua la consigliera: «È la riprova che dove vengono elette amministrazioni progressiste, a maggior ragione con al vertice una donna del MoVimento, è possibile ottenere questi risultati, mentre altrove sono solo psicodrammi e negazioni. E dire che basterebbe rispettare la sentenza della Corte». Baldin ritiene peraltro «un notevole passo indietro, rispetto alle aspettative» la norma che sta proseguendo il suo iter parlamentare, in quanto «limita il diritto universale all’autodeterminazione della persona gravemente ammalata, subordinandolo alla concessione discrezionale di un comitato etico di nomina governativa, il che restringe i requisiti stabiliti dalla sentenza e si troverebbe ad escludere pazienti che oggi sarebbero ammessi al trattamento».

Ma la questione è quanto mai politica: «Il tema del fine vita -aggiunge l’esponente del M5S- è l’ennesima incompiuta di Zaia, che concluderà i propri quindici anni a capo del Veneto senza aver portato a casa nemmeno la sua bandiera, ovvero l’autonomia differenziata. Oltre a lasciare la Regione con il bilancio 2026 in esercizio provvisorio, cioè senza una legge già pronta per il fabbisogno del prossimo anno. Il presidente non ha avuto nemmeno la forza di far emanare in Giunta il promesso regolamento amministrativo, per non entrare in conflitto con pezzi della sua stessa maggioranza».

Un protocollo con linee guida, invero, è pure stato promosso all’inizio di settembre dall’ULSS 3 Serenissima: «A parte che esse prevedono sì la valutazione di una commissione multidisciplinare, ma anche qui di un comitato etico -conclude Erika Baldin- è autoevidente come il protocollo valga solo in una parte del territorio metropolitano di Venezia, per dirimere le decisioni relative al singolo caso. Se la Giunta avesse emanato quel regolamento di cui pure Zaia ha parlato in più occasioni, e che le minoranze hanno continuato a chiedere, tali indicazioni varrebbero per tutto il Veneto». 

erika baldin

The author erika baldin

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