Venezia, 9 settembre 2025 – Gli effetti perversi del decreto “Sicurezza” (o meglio, decreto Paura) emanato dal governo Meloni si riflettono anche nelle vicende sanitarie spicciole di singoli pazienti in tutta Italia. Il caso di un gruppo di cittadine e cittadini veronesi, riuniti nell’Associazione Pazienti Cannabis, e relativo all’inaccettabile sostituzione -da parte dell’ULSS 9 Scaligera- di prodotti analgesici a base di canapa con farmaci a minor contenuto di principio attivo, che rischiano di non lenire il dolore di chi soffre, è stato oggetto lo scorso giugno di un’interrogazione da parte della capogruppo del MoVimento 5 Stelle, Erika Baldin.
«La Giunta ha risposto in aula -spiega la consigliera- affermando che nel corso degli anni l’ente avrebbe progressivamente ampliato la disponibilità dei farmaci in questione, a carico del Servizio sanitario regionale. A prova di tale asserzione vengono indicate le periodiche relazioni che la Giunta è tenuta a trasmettere alla competente Commissione consiliare. Ma non posso dirmi soddisfatta della risposta, anzi alquanto elusiva degli specifici temi che avevo sottoposto, compresa l’applicazione della legge regionale 38/2012 là dove regola la ricerca e i progetti innovativi della chimica farmaceutica a base di canapa, oltre alla formazione e aggiornamento del personale medico».
Baldin ritiene «di stampo ideologico» la consequenzialità tra la specifica azione di governo in materia («un obbrobrio legislativo») e la pratica che non evita ulteriori sofferenze alle persone malate e ai caregiver: «Viene stigmatizzata una coltura presente in Italia da secoli -continua l’esponente del M5S- e che nel caso medico necessita di essere bilanciata terapeuticamente addosso al singolo paziente. Esiste una ricca produzione legislativa e giurisprudenza in materia, anche comunitaria, che trova radice proprio nell’attività scientifica dei gruppi di lavoro istituzionali, e che cozza non solo con la tradizione italiana della canapa coltivata, ma anche con lo sviluppo di una sana economia verde, portando alla chiusura di centinaia di imprese e alla perdita di trentamila posti di lavoro tra agricoltura e commercio controllato».
A confortare le aspettative delle consumatrici e dei consumatori di canapa light, a irrilevante presenza di thc, è una recentissima sentenza del Tribunale di Trento, il quale ha accolto i ricorsi di alcune aziende come Canapa Sativa Italia e Imprenditori Canapa Italia, affermando che chi opera nel settore lo fa all’interno di un quadro normativo solido, senza pregiudizio alla salute pubblica: «Viene bloccato chi fa del bene -conclude Erika Baldin- per colpa di un’ideologia repressiva, che invece fa male, e alla quale continueremo a dare battaglia dappertutto e nel tempo».