Venezia, 10 ottobre 2025 – Il Veneto a piedi. Non è uno slogan salutista, ma la reale condizione nella quale si trovano quotidianamente centinaia di pendolari, che per motivi di lavoro o di studio devono raggiungere città differenti da quella in cui abitano: la carenza di personale alla guida degli autobus (specie extraurbani) ormai è endemica, e nelle ultime settimane è esplosa con particolare fragore nel Polesine.
«Ogni giorno ricevo segnalazioni allarmate -commenta Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale- da parte di genitori le cui figlie e figli, dopo aver pagato regolare e costoso abbonamento, non riescono a raggiungere le scuole e le università perché semplicemente la corriera non arriva. Chi li rifonde del disservizio? E soprattutto, ci sono speranze che esso torni a regime in tempi urgenti?».
La consigliera fa riferimento alle corse di Busitalia, società concessionaria del trasporto pubblico rodigino: «Non solo lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti sono lasciati a piedi, ma anche le persone anziane che prenotano appuntamenti all’ospedale di Trecenta, e che ormai sempre più spesso devono rivolgersi alle organizzazioni di volontariato al fine di potersi servire degli ambulatori per la propria salute. Ormai prendere un mezzo pubblico è una lotteria, in vasta parte del Veneto si può uscire di casa senza la certezza di fare ciò che si deve o di tornarci negli orari opportuni».
E anche quando le linee sono coperte, i mezzi sono spesso strapieni, anche oltre i limiti di omologazione: «Nel Basso Polesine -spiega Baldin- la spesa per un abbonamento annuo da Porto Tolle ad Adria è di 608 euro, per viaggiare in piedi o assistere con disperazione al diniego di salita per raggiunti limiti di capienza, specie nelle prime ore del mattino quando si muovono i pendolari».
La società del gruppo FS, in proroga da quando ancora recava la sigla SITA, risponde desolata che la difficoltà nel reperimento di conducenti è strutturale: «C’è scarsissima disponibilità di autisti -nota l’esponente del M5S- a causa della progressiva perdita di dignità del mestiere. Turni massacranti, stipendi stazionari e incapaci di reggere l’aumento dei prezzi, malattie professionali da stress, non ultime le minacce alla sicurezza di chi guida fanno sì che ogni dimissione non venga adeguatamente rimpiazzata, nonostante gli sforzi aziendali per pagare la patente necessaria a chi si avvicina per lavorarci.
Forse la selezione in atto darà i suoi frutti a breve termine, ma in vista della futura gara per l’assegnazione del servizio sarà il caso di prevedere il requisito della solvibilità della prestazione, ovvero di avere risorse umane in numero capace di portare a termine l’impegno».
Il quadro non migliora allargando la visione alle province adiacenti: «Anche a Padova, dove la concessionaria è sempre Busitalia -conclude Erika Baldin- c’è il forte rischio di un deriva del genere. Per non dire di Chioggia, dove il servizio urbano di Arriva Veneto da metà settembre è ridotto a una sola corsa oraria per ogni linea, o a San Donà di Piave, la cui frazione di Passarella è praticamente scollegata al mattino visto gli orari di ATVO.
La Regione del Veneto avrebbe potuto fare molto per stabilizzare la situazione, ma ha investito denaro per aumentare il traffico privato automobilistico anziché potenziare il trasporto pubblico di prossimità, nonostante esso rientri tra le sue competenze. Altre Regioni vicine, come l’Emilia Romagna, hanno fatto diversamente, in aggiunta alle sempre più scarse erogazioni governative. Visto che l’amministrazione veneta parla sempre di sicurezza, almeno estenda a tutto il territorio le misure adottate recentemente nel Veneziano, quali telecamere di sorveglianza e bodycam per i conducenti, in modo da incrementare il numero di coloro che scelgono di dedicarvisi per il bene della collettività».
«Ogni giorno ricevo segnalazioni allarmate -commenta Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale- da parte di genitori le cui figlie e figli, dopo aver pagato regolare e costoso abbonamento, non riescono a raggiungere le scuole e le università perché semplicemente la corriera non arriva. Chi li rifonde del disservizio? E soprattutto, ci sono speranze che esso torni a regime in tempi urgenti?».
La consigliera fa riferimento alle corse di Busitalia, società concessionaria del trasporto pubblico rodigino: «Non solo lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti sono lasciati a piedi, ma anche le persone anziane che prenotano appuntamenti all’ospedale di Trecenta, e che ormai sempre più spesso devono rivolgersi alle organizzazioni di volontariato al fine di potersi servire degli ambulatori per la propria salute. Ormai prendere un mezzo pubblico è una lotteria, in vasta parte del Veneto si può uscire di casa senza la certezza di fare ciò che si deve o di tornarci negli orari opportuni».
E anche quando le linee sono coperte, i mezzi sono spesso strapieni, anche oltre i limiti di omologazione: «Nel Basso Polesine -spiega Baldin- la spesa per un abbonamento annuo da Porto Tolle ad Adria è di 608 euro, per viaggiare in piedi o assistere con disperazione al diniego di salita per raggiunti limiti di capienza, specie nelle prime ore del mattino quando si muovono i pendolari».
La società del gruppo FS, in proroga da quando ancora recava la sigla SITA, risponde desolata che la difficoltà nel reperimento di conducenti è strutturale: «C’è scarsissima disponibilità di autisti -nota l’esponente del M5S- a causa della progressiva perdita di dignità del mestiere. Turni massacranti, stipendi stazionari e incapaci di reggere l’aumento dei prezzi, malattie professionali da stress, non ultime le minacce alla sicurezza di chi guida fanno sì che ogni dimissione non venga adeguatamente rimpiazzata, nonostante gli sforzi aziendali per pagare la patente necessaria a chi si avvicina per lavorarci.
Forse la selezione in atto darà i suoi frutti a breve termine, ma in vista della futura gara per l’assegnazione del servizio sarà il caso di prevedere il requisito della solvibilità della prestazione, ovvero di avere risorse umane in numero capace di portare a termine l’impegno».
Il quadro non migliora allargando la visione alle province adiacenti: «Anche a Padova, dove la concessionaria è sempre Busitalia -conclude Erika Baldin- c’è il forte rischio di un deriva del genere. Per non dire di Chioggia, dove il servizio urbano di Arriva Veneto da metà settembre è ridotto a una sola corsa oraria per ogni linea, o a San Donà di Piave, la cui frazione di Passarella è praticamente scollegata al mattino visto gli orari di ATVO.
La Regione del Veneto avrebbe potuto fare molto per stabilizzare la situazione, ma ha investito denaro per aumentare il traffico privato automobilistico anziché potenziare il trasporto pubblico di prossimità, nonostante esso rientri tra le sue competenze. Altre Regioni vicine, come l’Emilia Romagna, hanno fatto diversamente, in aggiunta alle sempre più scarse erogazioni governative. Visto che l’amministrazione veneta parla sempre di sicurezza, almeno estenda a tutto il territorio le misure adottate recentemente nel Veneziano, quali telecamere di sorveglianza e bodycam per i conducenti, in modo da incrementare il numero di coloro che scelgono di dedicarvisi per il bene della collettività».