Venezia, 19 maggio 2025 – Una morte tragica, insensata, che atterrisce. Unanime il cordoglio per la prematura fine della 17enne Anna Chiti, caduta in laguna dal catamarano dove aveva appena iniziato a prestare servizio: «Un fatto che lascia sgomenti -esordisce Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale del Veneto- e che va oltre l’angoscia per una giovane vita spezzata, ma come in altri precedenti fa riflettere circa le modalità di iniziazione al lavoro per chi è ancora studente».
Il riferimento della consigliera va alle parole del padre della ragazza, Umberto, il quale ha dichiarato di volerci vedere chiaro riguardo le mansioni cui sarebbe stata sottoposta: «Occorrerà sicuramente far luce attorno al contratto di stage con l’impresa di lancioni turistici -sottolinea Baldin- specie se è vero che Anna avrebbe dovuto svolgere il ruolo di interprete e non di marinaia. Inoltre, bisognerà comprendere se per l’ormeggio servisse più personale, rispetto a una minorenne».
Ma c’è un altro inquietante aspetto, di carattere più generale: «Dal mese di aprile a oggi -nota l’esponente del M5S- in Italia sono decedute quattro persone al loro primo giorno di lavoro. Due di queste non avevano la maggiore età, mentre un terzo aveva cominciato una nuova attività addirittura a 76 anni, il che già dà da pensare». Vent’anni fa le persone che non tornavano dal primo giorno di lavoro erano quotate al 6%, secondo studi sindacali, ma il decreto interministeriale emanato dal centrosinistra il 30 ottobre 2007 obbliga le imprese a regolarizzare la documentazione il giorno prima dell’effettivo inizio di un rapporto di lavoro.
Precariato, alternanza scuola-lavoro, avvicinamento graduale all’impiego, informazioni adeguate sono solo alcuni degli aspetti che influiscono nel decidere il destino di chi entra nel mondo del lavoro: «Come spesso ripeto -conclude Erika Baldin- gli investimenti regionali negli SPISAL non sono sufficienti, con l’effetto di non avere il personale e le risorse necessarie a capillari controlli preventivi. Ma soprattutto, in situazioni come quella di Anna Chiti va chiesta e ottenuta sempre un’adeguata formazione preventiva, in luogo della deregulation che spesso viene paventata dalle sigle sindacali».