Venezia, 2 luglio 2025 – Il Prosecco, notoriamente, rappresenta uno degli asset portanti dell’economia e delle esportazioni venete. Ma la sua coltura estensiva, avvenuta negli ultimi anni anche al di fuori dal territorio di iniziale pertinenza, sta sollevando non poche criticità: «Negli ultimi quindici anni -rileva Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale- il suolo veneto occupato da vigneti è aumentato del 47%, con oltre 103mila ettari. Nella provincia di Treviso l’aumento è addirittura del 74%. La questione diventa problematica dal momento che anche il volume di pesticidi per uso agricolo si è impennato, raggiungendo la quota di oltre quattro tonnellate e settecento quintali nella sola Marca trevigiana, rispetto a poco più di tre tonnellate nel 2012. Ciò naturalmente comporta alcuni ragionamenti in materia di salute».
La consigliera ha quindi depositato un’interrogazione, attraverso la quale chiede alla Giunta regionale se e come intenda limitare l’estensione di vitigni di Prosecco, in particolare dove la produzione è stata introdotta di recente, come ad esempio per la bacca bianca nella zona litoranea veneziana: «Sei anni fa -ricorda Baldin- era stato lo stesso Zaia a dichiarare che “in Veneto bastano e avanzano i vigneti che già ci sono”, ma la tendenza è andata in senso opposto». A ciò si aggiunge, appunto, l’eccesso nei trattamenti fitosanitari: «Il regolamento di polizia rurale, di cui nel 2017 si sono dotati i quindici Comuni della DOCG Prosecco -nota l’esponente del M5S- aveva vietato i principi attivi con maggiore nocività cancerogena, anche in virtù della candidatura alla protezione dell’UNESCO. Tanto che il Consorzio di tutela ha dichiarato che la sostenibilità ambientale costituisce un valore imprescindibile del proprio operato».
Tuttavia, l’industria enologica è tornata a utilizzare sostanze fungicide, richiedendo ai 15 Comuni del comprensorio DOCG la revisione del regolamento di polizia rurale, in modo da limitare l’uso dei prodotti più tossici solo alle fasce di 10-30 metri dal confine con abitazioni e strade, e a 40 metri dal confine con scuole e parchi: «C’è chi, come Conegliano, ha autorizzato la modifica e chi, come Pieve di Soligo, l’ha negata. Perciò -conclude Erika Baldin- chiedo alla Regione se ritenga ancora utilizzabili nella produzione vitivinicola alcuni prodotti chimici rischiosi, quali Folpet, Dithianon, Spiroxamine e Meptyldinocap, e se intenda indirizzare tutti i Comuni del Veneto affinché si dotino di regolamenti di polizia rurale che vietino l’utilizzo di fitosanitari, formando appositamente il personale di vigilanza nella materia specifica».